Assistiamo ad un incremento dei disturbi mentali post Covid.
È evidente: la pandemia oltre che sul corpo, incide anche sulla mente.
Il timore del contagio unito alla crisi economica, accresce esponenzialmente il disagio psichico.

È dimostrato che i soggetti entrati a contatto con il virus aumentano fino a cinque volte la probabilità di manifestare sintomi depressivi e le stime indicano che potranno emergere, solo nei prossimi mesi, 800 mila nuovi casi di depressione.
In sintesi, la pandemia sta provocando una sindemia con ripercussioni sociali, economiche, culturali ed emotive di tale portata, da rappresentare un moltiplicatore del disagio psichico.
La metà delle persone contagiate manifesta disturbi psichiatrici che vanno dall’ansia all’insonnia, dal disturbo post-traumatico da stress al disturbo ossessivo-compulsivo.
Ben il 32% di coloro che sono venuti a contatto con il virus mostra sintomi depressivi, siamo di fronte ad un’incidenza cinque volte più alta rispetto alla popolazione in generale. Anche il 10% dei familiari dei circa 86.000 pazienti deceduti a causa del Covid, potrebbe andare incontro alla depressione entro un anno.
L’aggravante è rappresentata dalla crisi economica che aumenta il disagio mentale di tutti coloro che hanno perso il lavoro o sono in cassa integrazione. Senza contare le condizioni di isolamento e la perdita di libertà.
I segmenti della società più a rischio sono rappresentati dalle donne, i giovani e gli anziani.
Le prime sono già tendenzialmente più predisposte alla depressione e comunque più colpite dalle ricadute sociali e lavorative: più degli uomini si sono viste costrette a lasciare il lavoro e a portare il carico della gestione familiare; i giovani vedono da un lato lo stravolgimento delle dinamiche relazionali, dall’altro soffrono le ripercussioni della crisi sull’occupazione; gli anziani pagano in virtù di essere fisiologicamente più fragili ai contagi e ai disturbi mentali.
Tutte le variabili menzionate si aggiungono alla difficoltà di programmare il futuro, sono subentrati stanchezza e rabbia rispetto all’impossibilità di determinare come e quando si potrà tornare alla “normalità “.
La fiducia e lo spirito propositivo che hanno caratterizzato la fase iniziale dell’emergenza, si sono andati via via a sostituire ad una condizione d’impotenza e di sconforto.
La pandemia lascia o rischia di lasciare una traccia profonda sulla nostra psiche, compromettendo il benessere e la salute mentale. I sintomi più comuni possono essere rappresentati dal disturbo post-traumatico da stress che può manifestarsi a seguito di eventi traumatici in grado di produrre uno sconvolgimento psichico.
Gli effetti sugli individui sono a lungo termine e in alcuni casi cronici, ma dipendono sostanzialmente dalle personali capacità di adattamento di fronte alle avversità.
La situazione risulta particolarmente delicata soprattutto per gli operatori sanitari, in particolare, per gli infermieri. Turni di lavoro che in molti casi superano le otto ore al giorno, elevati livelli di ansia, l’essere assegnati a nuovi incarichi lavorativi, rappresentano le principali ragioni che incidono sull’equilibrio mentale.
Siamo di fronte ad un’urgenza senza precedenti che va gestita in tempi stretti e con tutti i mezzi di cui disponiamo, compresa la tecnologia che, in tanti casi, permette di seguire i pazienti a distanza.
Non agire in fretta, significa rischiare di trovarci di fronte ad un’impennata di diagnosi di disturbo post-traumatico, che inevitabilmente, può pesare sulla salute fisica delle persone.
Quando ansia, insonnia, irritabilità si manifestano per oltre tre settimane è opportuno rivolgersi ad uno specialista.
I disturbi della psiche possono pesantemente gravare sulla qualità di vita delle persone, ma sono risolvibili grazie al sostegno e alle cure di esperti.
È sempre bene affidarsi alla competenza di specialisti in grado di accompagnarci fuori dal disagio.